Ho iniziato il mio lavoro, affascinato dalla loro forza di resistenza, dal loro ruolo di stabilità negli anni. Infatti il trabocco è imponente, la sua costruzione realizzata in legno affonda i suoi pilastri in metri di acqua salata. La piattaforma, nella quale posa una misera casina per gli ultimi pescatori coraggiosi, si protrae sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi di pino, dalla quale si allungano sospesi due o più bracci che sostengono un’enorme rete. A volte soltanto per arrivare alla fine di questa gracile struttura, bisogna armarsi di coraggio e camminare strisciando tra i tronchi in un silenzio raccapricciante perché soltanto un scricchiolio potrebbe scatenare la guerra, potrebbe risvegliare gli antichi principi di questo immenso ragno di legno, privandoti così di scoprire l’eleganza della sua tecnica e la forza dei suoi tronchi.
Ho capito la sua solenne meraviglia quando il sole cominciava ad illuminarlo. I colori tenui di un giorno che nasceva rendevano l’atmosfera tetra, coma un luogo dimenticato da Dio, un luogo dove la nebbia, sottoforma di immense stesure di tela, riecheggiava fine a pelo d’acqua. Il ragno di legno finalmente poteva riposarsi dopo una lunga notte passata a tessere ed io ero li, mentre si addormentava in un sonno profondo, tanto profondo da ignorare la pioggia atroce, il vento titanico e le onde poderose. Oltre il ponte, l’anima del ragno sopito respirava lentamente muovendo appena quella casetta ormai abbandonata, che non riscalda e non protegge più nessuno. Un timido sole illuminava alcuni lunghi bastoni (prima celati dall’oscurità) che fuoriuscivano dall’acqua, le immense zampe del ragno continuando a sorreggere l’intera struttura, catturavano le prede, resistevano nell’infuriata acqua di un mattino violento.
Affascinato dalla loro esistenza precaria, mi sono accorto che stante l’aspetto rachitico essi combattono incessantemente ed in mezzo alle intemperie non abbandonano mai la lotta, i loro muscoli vivono nascosti nelle montagne acquatiche dei mari dello Stivale. I trabocchi vivono di stenti e patimenti, combattono le onde del mare a tutte le ore, cercando una stabilità eterna e sconfiggendo le difficoltà di un blu oscuro e profondo che li circonda. La resistenza del ragno mi ha stimolato e motivato a concludere questo progetto fotografico.
Sono stato rapito dalla sua forza di non abbattersi davanti a tutto quello che succede nel mondo, incurante dei palazzi che cominciano a sorgergli intorno, incurante degli aguzzini che da quei palazzi presto decideranno le sorti dell’intera umanità, esso persiste nel suo obiettivo: RESISTERE. La crisi non è un pretesto per mollare, anzi, le sue tele, le sue zampe, il suo intero corpo combatte ancora perché la sua guerra non è mai finita. Il suo resistere ci insegna che la storia siamo noi, il passato è un’arma che vive vegeta nei nostri giorni per non dimenticare.
Forte del suo esempio, uno solo contro tutti, IO resisto.