Hanno già cantato l’Islanda senza però saperlo.
“E’ un diavolo che ti tenta dietro ogni angolo, impossibile restare in bilico, parla con me e soffia sul mio collo.”
Questo è quello che continuavo a cantare tra le strade ghiacciate e inabitate dell’isola, l’isola dove è nata la natura, si.. ho la presunzione di credere che tutto sia nato lì. In quel luogo così proibito, l’uomo è un ospite, si adatta perché aleggia nell’aria la minaccia di una tragedia, il solo sguardo con la natura ti addolora. L’adattamento sociale non è previsto. Il tutto appare come una manifestazione demoniaca. Non ci sono sfide, se non quelle personali, perché è troppo immensa, è troppo persino per descriverla. Sono soltanto rimasto a guardare e ad ascoltare i paesaggi che mi punivano per essere giunto fin li, mosso da un fiero rispetto, mi sono chinato con il gelo sul collo e ho premuto più volte il bottone magico degli attimi, il bottone degli eterni ricordi.
Avete presente una partita a scacchi? sì una partita, dove io ero una semplice pedina dinnanzi alla regina d’acqua, a cavalloni, ad alfieri che si muovevano lungo le loro traiettorie creando crepe come diagonali tese e davanti a quel re immenso come una cascata. Per non parlare poi delle torri bianche e marroni che si innalzavano tra le fenditure della terra, apparivano come dei grandi muri, ostacolavano le mosse successive. Non potevo fingere un calore umano, non potevo chiedere disperatamente un aiuto, in quel momento ero solo, anche se quella solitudine era apparente perché davanti a me l’intero esercito era armato, il mare davanti e dietro l’acqua in tutte le sue forme: gayser, ghiacciai, cascate, tutto violento e tutto terrorizzante. Un passo e venivo mangiato. Il freddo polare ha dettato immediatamente le regole del gioco. Non potevo rimanere esterrefatto a lungo, non potevo neanche essergli amico. Non ho potuto legare con il diavolo bianco, non potevo neanche immedesimarmi, io ero piccola cosa rispetto all’immensità di quella dimensione percettiva.
In tutta questa ostilità della terra il cielo mi ha regalato un suono improvviso. Una scia di colori verdi ha tessuto trame con le stelle come se Dio stesse suonando il pianoforte. In quella occasione ho ascoltato, non mi sono mosso. Sono rimasto immobilizzato, ero incantato. Non ho avuto la prontezza di premere il grilletto, in fondo la natura mi aveva avvertito. E’ una terra imprevedibile, avrei dovuto capirlo anche in quell’attimo così emotivo. Per fortuna Dio ha continuato a suonare per un lungo tempo, illuminando anche il diavolo bianco, l’eterna sfida di quell’isola, le forze naturali, gli unici nemici del nord. Il diavolo è sparito e quasi rimembravo il calore. La contrapposizione tra il bene e l’imprevedibile era in fronte a me.
Nessun umano, nessuna scienza, nessuna macchina è in grado di riprodurre la bellezza mostruosa di quel posto ancestrale.